
Confini
L’uomo tra le stelle
di Filippo Frasson
LE SONDE VOYAGER OLTRE I CONFINI DEL NOSTRO SISTEMA SOLARE
25 Agosto 2012 e 5 Novembre 2018. Due date assolutamente anonime e sicuramente poco evocative, dal sapore quasi quotidiano. Niente a che vedere con altre molto più “famose” ed “affascinanti” che possono loro malgrado rievocare studi remoti e tanti sforzi per memorizzarle. La scoperta delle Americhe…la Presa della Bastiglia…l’Incoronazione di Carlo Magno…Niente, le due date di prima no, non dicono proprio niente a nessuno. Accadde però qualcosa di unico, che ci portò come razza umana a superare dei confini lontani, inesplorati, inospitali e in parte solamente teorici che non avevamo nemmeno idea si potessero in qualche modo strumentalmente misurare, figuriamoci varcare! Le Sonde Voyager, in viaggio dal 1977, stavano uscendo dall’Eliosfera, la “bolla magnetica” creata dal vento solare che circonda e contiene il Sole, la Terra e gli altri pianeti.

La “bolla magnetica
Così facendo entrano nello Spazio Interstellare, abbandonando per sempre l’influenza della nostra Stella, viaggiando ad una velocità di circa 17 km/s. In pratica vanno da Castelfranco Veneto a Milano in 14 secondi. Le due sonde in questione sono i manufatti costruiti dall’uomo più lontani dalla Terra e periodicamente comunicano ancora i loro dati, seppure con funzionalità ridotte. Ma come hanno fatto ad arrivare fin laggiù? Il progetto è ambizioso e prende vita agli inizi degli anni ‘70, inserendosi in un più ampio ambito progettuale della NASA che portò gli studiosi ad interessarsi dei pianeti del Sistema Solare esterno, quelli cioè che incontreremmo spingendoci dalla Terra andando verso l’oscurità, non viaggiando verso il Sole. Nel 1972 nacque quello che venne denominato ufficialmente “Grand Tour” che prevedeva inizialmente ben 4 sonde, poi cancellato per questioni di budget e ridotto a 2 soltanto. Prende forma un progetto che sfrutta un raro allineamento planetario che ricorre ogni 175 anni scoperto solo qualche anno prima da un allora giovane studioso del JPL, il braccio operativo della NASA. I pianeti più remoti si vanno praticamente a collocare in un modo piuttosto favorevole affinché con un unico viaggio possiamo raggiungerli. Nel loro moto di rivoluzione attorno al Sole infatti i pianeti stessi possono trovarsi agli antipodi rispetto al Sole e quindi ci sarebbero volute missioni differenziate nel tempo.


Rappresentazione grafica del Grand Tour con le date delle visite ai pianeti e le traiettorie
Ma la finestra temporale per sfruttare questa occasione è limitata a qualche anno perché i pianeti si muovono, e piuttosto in fretta! Possiamo solo immaginare l’eccitazione che la notizia creò presso gli scienziati che improvvisamente si ritrovarono catapultati inconsapevolmente dentro una situazione unica dal punto di vista della ricerca astronomica! Avere contemporaneamente le condizioni favorevoli e finalmente anche la tecnologia adeguata. 175 anni prima si andava ancora a cavallo e di attendere altri 175 anni non ve n’era nessuna voglia, bisognava provarci subito, andare oltre i timori, gettare il cuore oltre l’ostacolo, andare appunto oltre i confini anche mentali che scaturiscono da progetti che appaiono addirittura fin troppo futuristici. Per certi versi gli stessi tecnici si trovarono ad affrontare un progetto che aveva il sapore delle pellicole SCI-FI, Science Fiction come dicono gli americani.
Ma non era così, era tutto vero!

Uno dei due Titan IIIE-Centaur con a bordo le Sonde Voyager
20 agosto e 5 settembre 1977 finalmente si parte!

Il Voyager Golden Record
Ad oggi risulta tutto più semplice, sul nostro cosmo infatti sappiamo molte più cose di allora, sia sulla porzione a noi più prossima che su quella più remota, tante addirittura sembrano banalità. Gli anelli di Saturno, le lune di Giove, i vulcani di Io, tutti presenti sugli attuali libri di astronomia. All’epoca invece quell’esperienza verso e oltre i confini ipotetiche del nostro cortile galattico fu un vero e proprio shock! In primis per gli studiosi ed accademici stessi. Interi volumi da riscrivere, teorie da rivedere, convinzioni da buttare. Perchè? Perchè per la prima volta le Vidicon (le fotocamere a bordo) di entrambe le Voyager ci fecero vedere direttamente ed in tempo reale le caratteristiche dei nostri pianeti e satelliti fratelli. I dati raccolti dagli strumenti e le foto che arrivavano e venivano lentamente ricostruiti a Terra (non esistevano comunicazioni iperveloci all’epoca e più le sonde si allontanavano dal nostro pianeta e più la comunicazione si faceva difficile) risultavano inequivocabili e parlavano chiaro. La porzione di galassia che occupiamo ha delle caratteristiche uniche e su cui nessuno ci avrebbe scommesso! Spingersi oltre, tecnologicamente ed umanamente, stava dando i suoi frutti. Ma dove finisce, oppure quando finisce il nostro Sistema Solare? Pare strana persino la domanda? Cosa significa cercare la “fine” di una entità non circoscritta? Esiste una sorta di limes (come dicevano i latini), di limite valutabile e certo che ci indichi una sorta di dentro e fuori, per utilizzare categorie palesemente umane? Dov’è il confine di questo immaginario recinto? Dopo le visite a Saturno, Giove, Urano, Nettuno e ad alcuni dei loro satelliti, aver fatto sognare gli addetti ai lavori e contribuito a far appassionare generazioni di nuovi astronomi, aver prodotto dati e foto a non finire, riscritto per sempre i manuali, le Voyager sono ancora piuttosto in salute e con gli strumenti operativi.

Immagine delle famose macchie di Giove della Sonda Voyager 1
Quindi che si fa? Una bella conferenza stampa di fine missione e tutti a casa? Assolutamente NO!