Rivista Fake News

Fake news

Il messaggiero celeste

di Giovanni Filippetto

Montepulciano, primavera del 1993. Massimo De Caro, 20 anni, entra in un negozio di libri antichi. Ha in mano una copia de Il Saggiatore, il famoso trattato sulle comete pubblicato nel 1632 per conto dell’Accademia dei Lincei da Galileo Galilei, e vuole farla stimare al proprietario della libreria. Fuori lo aspetta un amico di due anni meno di lui, si chiama Stefano Ceccantoni e nella sua casa di famiglia ha tanti libri antichi che con l’aiuto di De Caro sta vendendo ai librai della Regione. De Caro è uno studente dell’Università di Siena con scarsi risultati, Ceccantoni va ancora al Liceo. Fino a quel momento i due avevano tirato su pochi soldi con i libri antichi, ma quella volta sarebbe stato diverso. Almeno per Massimo De Caro. Perché la copia de Il Saggiatore, pur non essendo l’edizione originale, ma la seconda tiratura della prima edizione uscita nello stesso anno, ha un ritratto coevo di Galileo e sul frontespizio una firma di appartenenza di tale Dionisio Clementini, gentiluomo nell’Amelia del Seicento. Ceccantoni ce l’ha in cantina da tempo e pensa che il valore del volume sia più o meno di un paio di milioni. Almeno così spera. Invece il libraio di Montepulciano dice a De Caro che il libro ne vale parecchi di più. Il ragazzo decide allora di tenerselo per venderlo in un secondo momento, esce e sgancia a Ceccantoni due milioni di lire. Il suo compagno di giochi d’infanzia, il suo migliore amico ancora minorenne diventa così la prima vittima dei suoi raggiri. E Il Saggiatore è il primo libro di Galileo che il ragazzo di Orvieto possiede.

REGOLA NUMERO 1 (per rubare libri antichi):
Che il libro non sia venduto nelle librerie; perché se lo fosse, si dovrebbe frugare nel taschino e comprarlo.
Il Saggiatore preso dall’amico Ceccantoni De Caro lo rivende a Roma per 15 milioni ad un mercante specializzato in armi da collezione. Nella capitale De Caro ci è finito come assistente parlamentare di un senatore del centro sinistra. E’ il 1994, l’anno della vittoria elettorale del nascente partito di Forza Italia e di Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio. Anche De Caro scende in campo e lascia l’Università a cuor leggero. Ma dura poco la carriera politica e va a fare il militare nei Carabinieri. Poi si trasferisce a Verona con il sogno di aprire una sua libreria antiquaria. A Milano tutti gli anni c’è la Mostra del Libro Antico al Palazzo della Permanente, organizzata dal bibliofilo, amico del premier Berlusconi e Presidente di Publitalia, Marcello Dell’Utri. E’ una mostra frequentata da professionisti danarosi dal look da banchieri, da avvocati d’affari e giovani hostess in tiro. E’ un’occasione ghiotta per De Caro di mettersi in mostra e conoscere persone; la sua intraprendenza lo aiuta parecchio e l’incontro più importante è proprio quello con Marcello Dell’Utri: da quel momento in poi la loro diventerà una frequentazione importante e duratura, basata principalmente su una fornitura spesso a titolo gratuito di importanti libri antichi “presi” da De Caro in giro per importanti Biblioteche antiche e dati a Dell’Utri. Tra uno stand e l’altro c’è anche l’occasione per conoscere Daniel Pastore, giovane e scalpitante libraio di Buenos Aires. L’argentino ha 30 anni ed è già riuscito ad aprire una libreria antiquaria tutta sua, nel Barrio del Retiro, un quartiere esclusivo della città. Si chiama “Imago mundi”. Trai due nasce una grande simpatia e decidono di cominciare a lavorare insieme. Che per loro significa mettere in azione tutta una serie di ruberie in giro per l’Italia. Si inizia all’Istituto Don Provolo di Verona, una quindicina di libri rivenduto in blocco ad una libreria di Milano per venti milioni, poi è la volta di alcune cinquecentine prese dalla Biblioteca del Seminario vescovile di Padova. Il tutto senza nessun rimpianto, sulle orme di Guglielmo de’ Libri, il più grande ladri di libri della Storia, un conte fiorentino vissuto nell’Ottocento che rubava per studiare e a sua volta pubblicare i suoi approfondimenti. Per il Conte libri un libro era una cosa vivente, per cui un volume abbandonato in una biblioteca era come un bambino abbandonato in una casa. De Caro vola in Argentina più volte; lì, a causa della crisi, si possono comprare libri antichi a buon prezzo. Sulle tracce di un affare interessante De Caro e Pastore vanno in Uruguay. Si tratta di acquistare in blocco la biblioteca di Antonio Grompone, giurista e pedagogista tra i più reputati dell’Uruguay del novecento, oltrechè maestro massone e collezionista di libri antichi. Tremila volumi. Richiesta degli eredi: centomila dollari. De Caro cerca i soldi per l’acquisto e coinvolge un biblista romano. Ci riesce e nel rivendere il tutto in Europa ci fa un po’ di soldi. E’ così che acquisisce prestigio e fama e apre la “Imago mundi Italia”, filiale di quella argentina.

REGOLA NUMERO 2:
Che chi lo possiede non sia in grado di vendermelo, regalarmelo, e neanche di prestarmelo. In quel caso, dovrei comprarlo o chiederlo.
Buenos Aires, estate 2002.
Massimo De Caro ha appena comprato casa a Buenos Aires. Oramai, è lanciato nel business e con Pastore scorrazza per la capitale e per tutta l’Argentina, facendo una gran bella vita. Si fa raggiungere da Ceccantoni, l’amico d’infanzia a cui aveva praticamente sottratto Il Saggiatore, e insieme vanno in Patagonia e alle cascate di Iguazzù dove affittano una barca che fa le visite guidate; per vedere le cascate più da vicino comprano tutti i biglietti.
In Argentina De Caro diventa anche Professore onorario della Universidad Abierta Interamericana, una università privata, perché considerato uno dei massimi conoscitori mondiali di Galileo Galilei. La cerimonia di investitura è surreale. Davanti ad una dozzina di persone De Caro viene presentato come un fenomeno, un portento della biblioteconomia, consultore esterno della Biblioteca Vaticana, membro onorario della Biblioteca Nazionale di Firenze, nonché perito di numerosi e imprecisati musei e poliglotta a suo agio con sette lingue. In cambio l’esperto De Caro dona all’Università cinque edizioni d’epoca di altrettante importanti opere di Galielo e di Keplero.
Qualcuno però comincia a infastidirsi. Sono professori Universitari e studiosi del mondo accademico che non riescono a comprendere l’ascesa di questo giovane che si sta facendo largo nel mondo delle biblioteche di libri antichi come profondo conoscitore soprattutto di Galileo Galilei e degli studi scientifici. Nasce ovviamente qualche invidia che genera sospetti e richieste di indagare su alcuni strani movimenti sul mercato dei libri antichi. C’è chi insinua ovviamente che quella laurea, De Caro, se la sia comprata. E’ subito dopo essere diventato Professore Universitario che c’è l’occasione per il grande salto di qualità. Da Pastore, alla “Imago Mundi”, De Caro conosce il cardinale Jorge Maria Mejia, archivista e bibliotecario della Santa Romana Chiesa, direttore dell’ Archivio Segreto e della Biblioteca Apostolica. E’ un incontro importantissimo per il nuovo professore universitario e tra i due nasce una gran confidenza. De Caro ha una marcia in più degli altri in questo genere di rapporti, e all’alto prelato propone un “cambio”, una permuta. E’ più di cinquant’anni che nessun libraio ci riesce. L’antiquario italiano cita due opere che potrebbero interessare il Vaticano. Una delle due è considerato il secondo libro più importante al mondo dopo la bibbia di Gutemberg. E’ il Nieremberg pubblicato in Paraguay nel 1705, la traduzione in lingua guarani dell’opera di Nieremberg, un gesuita spagnolo di origini tedesche: De la diferencia entre lo temporal y eterno. Mejia risponde che il Vaticano non ha i fondi per comprare quei libri antichi così importanti. Ma De Caro propone un’altra strada: uno scambio appunto. La cosa riesce e in possesso di De Caro entrano sei libri antichi di cui quattro sono opera di Galileo: Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo edizione del 1632, ll Saggiatore edizione del 1623, Le operazioni del Compasso edizione del 1606 e i Discorsi e dimostrazioni matematiche del 1638.

REGOLA NUMERO 3:
Che il possesso di quel libro mi sia utile per occuparmi dei miei studi prediletti. Quell’operazione, quella permuta, desta ancora una volta l’invidia dei librai di tutto il mondo che cominciano a dire in giro che quei libri De Caro li abbia trafugati. Ma quell’operazione è soprattutto la stura per quello che De Caro ha in mente da tempo: dimostrare al mondo di essere il più grande esperto di Galileo Galilei e nel contempo affermare la sua superiorità nei confronti di tutto il mondo accademico; vuole insomma abbattere quel muro di superiorità intellettuale che hanno i luminari delle università, i professori senza macchia, coloro che sanno tutto e si sentono appartenere ad una razza di eletti. Gente che, secondo De Caro, ha rovinato la cultura e le Università. Una rivincita personale insomma.
Questo è il suo obiettivo e questo decide di fare con la costruzione di un finto libro antico di Galileo Galilei. E’ quell’atto creativo l’idea della sua vita. Costruire dal nulla una copia originale del più importante libro scientifico che Galileo Galilei ha scritto nel 1610: il Sidereus Nuncius, il Messaggero Celeste in latino. Una gigantesca truffa, le cui radici sono in parte anche psicologiche e risiedono nel trauma subito quando i suoi studi universitari non andavano affatto bene; più a monte c’è anche la sfida all’autorità dei maestri che soggiorna nell’infanzia di De Caro: un freudiano rigetto del modello di vita incarnato dai suoi genitori intellettuali e dai loro colleghi interessati più al guadagno che alla diffusione della cultura. La scelta del Nuncius per De Caro non è un caso. Il Sidereus Nuncius rappresenta uno dei pilastri della “nuova” scienza. Galileo, grazie alle lenti del suo cannocchiale, aveva scoperto l’esistenza delle montagne e dei crateri sulla Luna, fino ad allora ritenuta completamente liscia, aveva studiato la via Lattea scoprendo che il mondo nel cielo era molto più vasto di quello visibile fino a quel momento e aveva notato come Giove avesse 4 satelliti.
Il Sidereus è un testo fondamentale per la storia delle idee del mondo occidentale che racconta il metodo galileiano e che getta le basi per la moderna ricerca scientifica, fatta di prove, esperimenti e verifica sperimentale di dati, strumenti e risultati raggiunti. Quelle di Galileo sono scoperte cosmologicamente inaudite, tali da mettere in dubbio un’intera visione dell’universo, quella tolemaica appunto della terra al centro del sistema solare. Ma il Sidereus Nuncius di Galileo non è solo un libro importante dal punto di vista del sapere scientifico. Ha anche un valore economico notevolissimo.
Nell’estate del 2004 scatta l’operazione truffa del secolo.
Fase 1: procurarsi una copia del Sidereus.
De Caro acquista una copia del Nuncius in Argentina per 200 mila dollari da un uomo di Buenos Aires di origini italiane, un ex presidente della Società Dante Alighieri che aveva sede nella capitale argentina.
Poi torna in Italia, a Verona e comincia a costruire la copia.
Fase 2: sottoporre il libro al trattamento digitale.
Il lavoro inizia non senza ostacoli e difficoltà di carattere tecnico – operativo. Sono operazioni da fare che De Caro conosce, ma un conto è sapere un conto è operare senza errori e spesso senza aiuto. E’ un po’ angosciato, ma ci prova. Ha in mano un libro da 200 mila dollari e lo deve in qualche modo distruggere, perché per prima cosa bisogna ricorrere al trattamento digitale del libro copia. Che consiste nello scucire il libro togliendolo dalla sua rilegatura, poi dividere i fogli e scansionarli in formato A3. Queste operazioni De Caro le fa di notte. Perché di giorno lavora nella sua libreria antiquaria. Non è faticoso, ma è solo l’inizio.
Passaggio numero 3: la ripulitura digitale delle lettere.
Una volta scansionate le pagine, bisogna procedere alla ripulitura digitale delle lettere, una per una con un software ad hoc. Non solo. Tutte le lettere devono essere un po’ rimpicciolite, perché nel passaggio dall’ottico al digitale queste si allargano. Bisogna insomma ripulire tutti i file ed è un’operazione delicata e lunghissima che De Caro comincia a fare. Di notte, in una stanza al buio e in silenzio. Perché serve massima concentrazione e una pazienza infinita. E’ un lavoro lentissimo. Dopo un po’ di tempo però De Caro accusa il colpo. E’ stanco, provato e ha paura di sbagliare e allora parte per l’Argentina e affida questo lavoro ad una persona che conosce.
Fase 4: ottenere i fotopolimeri per il torchio.
Dopo aver fatto ripulire tutti i file, De Caro si procura i fotopolimeri per trasformare le immagini digitali in matrici di stampa da mandare al torchio. Insomma bisogna convertire i file in lastre di materiale plastico a rilievo, in modo da garantire poi la battuta tipografica, l’impronta lasciata dal torchio. Questa volta non ci vuole tanto. E’ un momento felice perché a sua creatura sta prendendo forma.
Passaggio numero 5: la costruzione della carta.
De Caro va alla periferia di Buenos Aires. Ha l’indirizzo di un cartaio che potrà essergli utile. E’ un tipo magrissimo che però sa maneggiare la carta come poche persone al mondo. Vive in un appartamento minuscolo, e solo per raggiungerlo è un’avventura. Ma il cartaio è un tipo tosto e per pochi soldi impasta la carta filigranata da spacciare come antica; una filigrana sapientemente modellata sulla filigrana originale.
Passaggio numero 6: la stampa.
E’ un altro passaggio difficile e molto importante.
In un’altra zona della periferia di Buenos Aires De Caro, grazie ad amici argentini, trova un tipografo che ha una vecchia macchina dell’ottocento in una casa semidiroccata. E’ un tipo sulla cinquantina molto corpulento con la maglietta perennemente sporca d’inchiostro. L’operazione non è facile con un macchinario così antico. Bisogna essere bravi a decidere dove posizionare la carta, scegliere la quantità di inchiostro da utilizzare. La difficoltà maggiore si ha nel calibrare il registro facendo combaciare le linee di stampa da una parte e dall’altra dello stesso foglio. Per ogni pagina ci vogliono due o tre ore di lavoro. E’ arrivato l’inverno e De Caro insieme al tipografo e ai suoi operai si dedica notti intere alla realizzazione del libro. Sono notti di legna da bruciare perché quello è un luogo senza riscaldamento; sono notti di carne alla brace e bottiglie di vino.
Passaggio numero 7: le lune.
Le difficoltà maggiori nella costruzione del libro vengono dalle Lune. Perché nell’originale c’erano della incisioni su rame anzichè delle xilografie su legno. E per ragioni tecniche le illustrazioni delle diverse fasi lunari non si potevano riprodurre con il fotopolimero. E’ un problema, un ostacolo notevole.
De Caro allora decide in un primo tempo di rinunciare a inserirle le fasi lunari. Anche perché Galileo stesso nel marzo del 1610 aveva rinunciato a stampare figure a rame raffiguranti proprio le lune in una ventina abbondante delle 550 copie da lui pubblicate per la prima edizione del Nuncius vero. De Caro lo sta per fare. Ma poi ci ripensa. E pensa di aggirare l’ostacolo. Gli viene in mente di simulare che l’antico possessore del libro avesse voluto riempire le carte 8, 9 e 10 con disegni suoi che riproducessero le lune dell’originale. Va in un negozio di antiquariato a Baires vicino alla libreria di Pastore, la Imago mundi, e compra una cassetta di colori del settecento al prezzo di 2500 dollari. Sono colori a olio, un carboncino e un barattolo di china. Torna nella libreria antiquaria e va nella cucina dove prova a disegnare le lune usando il fondo dei bicchieri di vino. Proprio nello spirito della truffa. Sopra il cartoncino prova a disegnare le Lune con la china. Ma a quel punto l’amico Daniel Pastore ha un’intuizione. Oltre a libraio antiquario, Pastore aveva fatto studi di chimica farmaceutica e aveva capito che la china, anche se antica, una volta posizionata sulla pagina sarebbe stata riconosciuta dagli esperti come non sufficientemente ossidata per essere stata applicata nel Seicento. Pensandoci sopra, lo stesso Pastore trova però una soluzione. Perché se si mette in forno la carta con una bacinella con dell’acido cloridico, ogni ora nel forno è come se fosse cento anni.
La cosa è interessante è da lo spunto al colpo di genio di Massimo De Caro. Far fare ad un disegnatore/restauratore i disegni delle Lune e far risultare che quei disegni siano opera dello stesso Galileo Galilei. Sarebbe risultata una copia del Sidereus Nuncius unica e avrebbe portato gli studiosi alla considerazione di un Galileo inedito: un Galileo artista. Una cosa così non si era mai vista. Non si era mai visto un Sidereus con quei disegni. E a quel punto il libro avrebbe avuto un valore ancora maggiore.
De Caro cerca un disegnatore e lo trova con un po’ di difficoltà. E’ uno che aveva un negozio di quadri antichi ed era restauratore di un museo di arte gesuitica del centro di Buenos Aires. E’ un lavoro delicato, ma De Caro capisce che ci si può fidare. Il disegnatore fa il suo lavoro sulle Lune e il libraio italiano arricchisce il tutto con due intuizioni sublimi. Intuizioni che servono per la credibilità della truffa.
Passaggio numero 8: la firma.
La prima delle intuizioni consiste nel far autografare la copia da Galileo stesso. E al disegnatore con la calligrafia di Galileo fa mettere sul libro la scritta “Io Galilei f.” che sta per “Io Galileo fecit”. E’ la firma dell’autore sulla copia del Nuncius.
Fase 9: il timbro La seconda idea è ancora più machiavellica.
Sempre sul frontespizio del libro De Cafro fa mettere il timbro dell’Accademia dei Lincei, l’accademia scientifica fondata a Roma nel 1603. E’ lo stesso timbro che aveva trovato su uno dei libri che aveva avuto dallo “scambio” con il Vaticano: Le Operazioni del compasso. Sapeva prima o poi quel timbro gli sarebbe servito. Lo fa costruire a Bologna da una persona esperta nella lavorazione del bronzo. Gli costa 2000 euro.
Passaggio numero 10: la rilegatura, la groffatura e la doratura.
De Caro rilega il libro a Milano da un esperto del ramo. Ma gli serve una legatura originale di un libro del Seicento. Il libro che trova è troppo spesso e quindi, oltre al Nuncius ce ne deve montare un altro. Ha l’idea di trovare la continuazione del Nuncius, un libro originale del 1656 e pubblicato a Bologna. Lo trova, lo monta sul libro e poi lo rilega con il falso Nuncius. Anche la lavorazione della groffatura e della doratura per rendere il libro perfetto la fa a Milano.
Non è finita qui. Perché dietro quella firma, quel timbro e quella rilegatura De Caro deve costruire una storia credibile.
Fase 11: la storia di quella copia.
De Caro si inventa che quel libro era una copia che Galileo aveva donato all’Accademia dei Lincei. Galileo nel 1610 ancora non era entrato nell’Accademia stessa, ci entra nel 1611 e come contributo porta al Principe Federico Cesi la sua copia del Sidereus Nuncius con i suoi acquarelli. La biblioteca dei Lincei chiude nel 1630, alla morte del Principe Cesi. Da quel momento la Biblioteca viene dispersa in asta. Qualcuno compra il Sidereus Nuncius e lo rilega con la continuazione del Nuncius che nel frattempo era stato pubblicato nel 1656. E la rilegatura viene fatta nel momento in cui era pronta la seconda parte del Nuncius stesso. Cioè proprio nel 1656. E’ una storia inventata, ma funziona.
Passaggio numero 12: la provenienza.
Poi c’è la questione della provenienza: l’attestazione dell’appartenenza di un’opera alla collezione legalmente costituita.
Per fare questo De Caro, in cambio di diecimila dollari, si rivolge ad un certo Alfredo Boffi, presidente della Società Democratica Italiana di Buenos Aires, una società massonica. Sulle carte della società si legge che l’esemplare del Sidereus Nuncius stampato a Venezia nel 1610 portante sul frontespizio il timbro della collezione del Principe Federico Cesi con la nota manoscritta “Io Galileo f.”, era posseduta dalla società dal 1897, proveniente dal Socio Rodriguez de la Rua. Ed era stata venduta alla società stessa il 23 marzo del 2005. Per la somma di 400 mila dollari. De Caro si è così costruito l’expertise, cioè il documento di un’opera d’arte in cui ne viene dichiarata la tecnica, lo stato di conservazione, l’autenticità, la datazione o l’epoca, e contenente una completa descrizione della storia dell’opera. Aveva finito. Per il momento. Nella primavera del 2005 la copia del Sidereus Nuncius autografata da Galileo Galilei è pronta. De Caro si fa i conti: ha speso circa 150 mila dollari. A quel punto comincia a mettere in atto la sua rivincita verso il mondo accademico e a sfidare quell’ambiente per dimostrare chi è il vero esperto di Galileo.
La prima mossa è quella di andare da uno dei più importanti librai antiquari del mondo. E’ Richard Lan. Ha una libreria nell’upper east side di Manhattam, New York. De Caro non ci va da solo, si fa accompagnare da un grande libraio italiano. Lan analizza bene il libro e dice di esserne interessato. Ma non lo avrebbe acquistato se prima non l’avesse analizzato un esperto di cui si fidava. Si tratta del Professore di Astronomia e di Storia della Scienza di Harward Owen Gingherich. Lan, De Caro e il libraio italiano vanno a Cambridge in Massachusetts e mostrano il libro al Professore che si prende un po’ di tempo.
Passano due giorni e Gingherich telefona a Richard Lan. Il libro è originale dice. E’ un libro importantissimo. A quel punto il libraio di New York lo compra per 450 mila dollari. Cifra di valore molto inferiore al suo mercato. Tutti sanno che quel libro se fosse veramente originale costerebbe milioni di dollari. E allora perché Richard Lan ne spende solo 450 mila? Sa che in realtà è un falso? E perché se pensa sia un falso non denuncia la cosa? A De Caro basta rientrare dei soldi spesi, il resto se lo prende il libraio italiano. Ma per completare la truffa bisogna aspettare, perché Lan dice che vuole mettere in piedi un team di esperti per analizzare ancora meglio il libro ed annunciare al mondo l’eventuale scoperta.
Nel frattempo a New York c’è la Mostra Internazionale dei Libri Antichi. De Caro affitta la suite JFK del Walford Astoria, l’albergo dei Kennedy e organizza una festa molto ricca. A cucinare chiama un cuoco argentino di grande fama Miroslav Scheuba, cuoco e poeta. Con lui c’è anche Daniel Pastore. A capo del team di esperti c’è il Professore di Storia dell’Arte Moderna della Humboldt- Universitat di Berlino Horst Bredekamp, uno dei massimi esperti mondiali di storia dell’immagine. A lavorare sul Sidereus Nuncius vengono chiamati numerosi altri esperti. Specialisti di Storia dell’Arte confrontano i cinque disegni delle lune con quelli di un celebre foglio storicamente attribuito alla mano di Galileo; altri studiosi mettono a confronto l’iscrizione sul frontespizio del Nuncius “Io Galileo Galilei f” con autografi galileani certificati; specialisti di storia della scienza e della tecnica sottopongono la carta, l’inchiostro e i timbri a investigazioni radiologiche, analisi al microscopio e quant’altro. Tra loro c’è anche il Professore canadese William R. Shea, titolare della cattedra galileana dell’Università di Padova.
In attesa del risultato De Caro si dedica ad altro.
A Roma, tramite un business man di Manhattam che era anche un bibliofilo, conosce Viktor Vekselberg, un milionario ingegnere russo, un oligarca molto influente e ricchissimo. Aveva appena comprato gioielli appartenenti agli imperatori di Russia dalla famiglia Forbes per cento milioni di dollari. E poi anche da Sotheby’s le uova dello zar, le uova di pasqua dei Romanoff fatte dall’orafo imperiale Peter Carl Faberge.
Il russo vuole che De Caro lo aiuti in Italia per incontrare le due parti politiche di destra e sinistra che rappresentano in quel momento il potere. De Caro può essere la persona giusta e non solo per la sua intraprendenza, ma anche per le sue effettive conoscenze. Da una parte Marcello Dell’Utri e quindi Forza Italia che De Caro conosce personalmente a causa della loro passione comune per i libri antichi, dall’altra Massimo D’Alema e quindi gli ex comunisti che De Caro può agganciare in virtù delle conoscenze dei suoi genitori, da sempre nel sindacato vicino al Partito di centro sinistra. Vekselberg è interessato a sbarcare nel mercato italiano dell’energia. C’è la prospettiva di un nuovo gasdotto, il TAP che collegherebbe la Puglia all’Azerbaigian. E anche sul mercato delle energie rinnovabili Vekselberg vorrebbe investire in Italia. Trai due comincia un rapporto di affari. De Caro abbandona la libreria di Verona e diventa un dirigente della Renova Group per l’Italia, la società di Vekselberg. De Caro è il facilitatore di Vakselberg anche con Luca di Montezemolo che all’epoca sta in Ferrari. E lo fa attraverso Urbano Rattazzi, della famiglia Agnelli conosciuto in Argentina.
In occasione dei mondiali del 2006 in Germania l’ex libraio viaggia in un pullman noleggiato dal magnate russo per i suoi amici. Vanno tutti insieme a vedere tutte le partite dei quarti, delle semifinali e della finale. E non è finita. Sempre quell’estate De Caro è a Budapest nel paddock del Gran Premio di Formula 1 vicino a Michael Schumacher e al figlio di Vekselberg che due mesi dopo farà uno stage alla Ferrari. La scalata non si ferma più. De Caro ad agosto di quell’anno è di nuovo a Buenos Aires con il Presidente del Futbol argentino Julio Grondona e annuncia l’accordo tra l’AFA, la Federazione di calcio argentina e il consorzio Renova per l’organizzazione di 24 partite amichevoli della nazionale di calcio da disputarsi nei prossimi 5 anni. E’ la sua prima vera intermediazione in favore di Vekselberg. Un giorno, il facilitatore porterà la nazionale argentina di calcio addirittura alla Sorrisa, a Napoli, famosa per essere la location del programma tv tendenza trash “Il castello delle cerimonie”. De Caro si occupa anche di un altro affare di Vekselberg: l’acquisto del Grand Hotel a Villa Feltrinelli di Gargnano sul Garda, già residenza di Mussolini al tempo della Repubblica di Salò, uno degli alberghi più costosi al mondo. Nel frattempo Vekselberg è interessato alla apertura di una centrale termoelettrica a ciclo combinato gas e vapore a San Severo, nel foggiano.
Il 14 marzo del 2007 c’è a Bari un vertice governativo tra Italia e Russia. Sono presenti i due Premier Romano Prodi e Vladimir Putin; ci sono anche due ministri degli esteri D’Alema e Lavrov e le delegazioni ministeriali al completo. In quell’occasione De Caro organizza una mostra al castello normanno Svevo delle preziose uova pasquali cesellate da Fabergè, di proprietà proprio della Renova. Ma non è solo questo quello che accade in Puglia. In pochissimo tempo De Caro riesce ad organizzare anche un protocollo di intesa da firmare davanti a Putin. E’ un protocollo con l’Università di Foggia e la società del gas russo, la Renova appunto, per lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Una volta c’è da andare in Libia a parlare con Gheddafi per un accordo sul gas libico. De Caro organizza il volo per il magnate russo. E affitta a Cipro un aereo dei servizi segreti libici capitanato da un ufficiale dei servizi segreti di Gheddafi. I passeggeri sono De Caro, Vekselberg, un ambasciatore libico e un rappresentante del governo italiano. La volata non finisce più. A Roma De Caro e Vekselberg incontrano il cardinale Mejia e organizzano una mostra in Vaticano delle uova Fabergè. All’inaugurazione sono presenti esponenti delle due chiese, quella di Mosca e quella di Roma. E per alcuni aspetti, proprio quell’avvenimento segna l’inizio di un riavvicinamento tra le due ortodossie. Si arriva così al 26 marzo del 2007.
A Padova c’è una conferenza stampa sul risultato delle lunghe perizie effettuate sul Sidereus Nuncius trovato a new York da Richard Lan, la “New York copy” viene chiamata. E’ il manoscritto finto di De Caro. All’evento De Caro è presente trafilato, in fondo alla sala.
Alla conferenza stampa i due autorevoli Professori, lo storico dell’arte tedesco Horst Bredekamp della Humboldt-Universitat di Berlino e lo storico della scienza canadese William R. Shea, titolare della cattedra galileana dell’Università di Padova annunciano una sensazionale scoperta. Tramite un antiquario e libraio di New York si è trovata una copia sconosciuta del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, dicono. E’ un esemplare unico, con cinque incisioni della Luna che erano state disegnate e acquerellate nel seicento dall’autore in persona. Interpellato Richard Lan, l’antiquario di New York, rivela solo che la provenienza del libro è sudamericana.
La notizia della scoperta fa il giro del mondo.
Bredekamp parla di “Galilei l’artista. Il disegno, la Luna, il Sole”. L’olandese dice che i disegni astronomici di Galileo costituiscono ingredienti essenziali del suo paradigma scientifico. In più Bredekamp scopre sul Nuncius quelle che dovrebbero essere le impronte digitali di Galileo stesso. Su Galileo artista parte una grossa ricerca finanziata da due delle più importanti istituzioni scientifiche della Germania: il Max Planck Institut e la Fondazione Alexander Humblot.
In fondo alla sala De Caro se la gode, ma è anche un po’ impaurito. La truffa stava diventando una cosa troppo grossa. Anche per lui.
Il giorno dopo, sulla prima pagina del Corriere della Sera esce un articolo dal titolo: “Così Galileo dipinse la luna”. Dopo lo scoop del quotidiano di Milano, la notizia fa il giro del mondo. E entra nelle pagine culturali del New Yorker, del Time magazine, de El pais e de El Mundo, del Der Spiegel, e dell’argentino La Nacion.
Non tutto però va per il verso giusto nella vita di Massimo De Caro. Il magnate russo Viktor Vekselberg scarica il faccendiere italiano. Gli era servito per le sue entrature, ma ora non aveva più bisogno di lui. De Caro capisce e se ne va. E’ durata poco la vita da vicepresidente di una compagnia internazionale, ma deve aspettare poco tempo prima che si apra un altro tipo di carriera, quella politica. Grazie all’amicizia con Marcello Dell’Utri, senza una laurea né un lavoro, De Caro entra da tecnico nella compagine governativa dome esperto di bioenergie e diventa consigliere dell’allora Ministro Giancarlo Galan al Ministero dell’Agricoltura. Passa poco tempo e va al Ministero dei Beni Culturali, sempre con Galan. Dell’Utri per De Caro è fondamentale in questa fase della sua vita. E’ uno scambio di favori. Tu hai assecondato a più non posso tutta la mia ossessione per i libri antichi, ora io ti faccio entrare nel mondo della politica che conta, dentro le stanze del potere.

REGOLA NUMERO 4:
Che chi lo possieda non possa o non voglia utilizzarlo, e che non ne ricavi di più di ciò che estorcono gli eunuchi dalle schiave dell’harem.
Con la scusa di prendere visione del patrimonio artistico di alcune importanti biblioteche, De Caro comincia rubare libri in giro per l’Italia. Non può farne a meno. Succede all’Osservatorio Ximeniano di Firenze a nella Biblioteca dei monaci benedettini dell’Abbazia di Montecassino. Dai monaci De Caro ci va con una ragazza ucraina conosciuta da Vekselberg, Viktoriya Pavlovskiy che ora lavora per lui. E mentre lui e un sui amico prendono dalla preziosa Biblioteca tre preziosissimi libri originali e antichi di Galileo, un incunabolo della Commedia di Dante, un Tolomeo del 1496 e un Copernico del 1566, la giovane ucraina si occupa di intrattenersi lontano in chiacchiere con Padre Giorgio, novantenne monaco benedettino che faceva gli onori di casa. Altri furti avvengono alla Biblioteca Nazionale di Napoli, alla Biblioteca del Seminario di Padova, alla Capitolare di Verona e alla Biblioteca del Ministero dell’Agricoltura.
In tutte queste visite De Caro si porta via decine di libri antichi di grande valore. Quello è anche il momento in cui De Caro viene coinvolto nella creazione di un gruppo parlamentare al Senato, Coesione Nazionale si chiama, e ne diviene il Segretario Organizzativo. Si sta per formare il nuovo governo Monti e le delegazioni dei partiti e dei gruppi parlamentari salgono al colle dal Presidente Napolitano. Tra loro c’è anche Coesione Nazionale e c’è ovviamente anche Massimo De Caro. Il nuovo ministro dei Beni Culturali è Lorenzo Ornaghi. De Caro lavora anche con lui. Con un senatore della Commissione difesa De Caro incontra la figlia di Julija Tymosenko che in quel momento è nelle carceri ucraine e il capo dell’opposizione del governo. Si voleva tentare un canale politico per liberare la Tymosenko stessa. Primavera del 2011. Negli Stati Uniti c’è uno storico della scienza che lavora alla George State University.
Si chiama Nick Wilding è un inglese magro, robusto sulla quarantina, sguardo sfuggente. Leggendo le strombazzanti conclusioni di Horst Bredekamp e Shea sulla scoperta del nuovo Sidereus Nuncius, Wilding si insospettisce e comincia a sua volta a studiare la New Yor Copy, il falso Sidereus costruito da De Caro. Sebbene ci fossero molti riferimenti a test sofisticati – e dozzine di fotografie patinate di macchie di carta e linee di inchiostro – Wilding trova le conclusioni nebulose. Si diceva che una delle lune acquerellate nella New York copy fosse “collegata atmosfericamente” ai disegni del foglio di Firenze, sebbene l’acquerello “non corrispondesse in dettaglio con nessuno di essi”. Insomma quelli di Nick Wilding sono i primi sospetti sul libro di De Caro. Tutto questo De Caro non lo sa. Così anche come tutto il mondo accademico e quello dei mercanti di libri. Neanche Marcello Dell’Utri lo sa. E l’allora consulente ministeriale, nonostante tutto, continua la sua carriera a fianco della politica. A Napoli c’è un convegno organizzato dal Ministero dei Beni Culturali: Gestire il nuovo, conservare l’antico.
Le Biblioteche del XXI secolo, è il suo titolo. Ci sono Massimo De Caro, consulente del Ministro e Giovanni Melillo, magistrato esperto della tutela penale del patrimonio culturale e procuratore aggiunto al Tribunale di Napoli. De Caro prende la parola e dice:” E’ vero che sono consigliere particolare del Ministro, ma sono anche una persona a cui piacciono moltissimo le Biblioteche. E quando il Ministro è stato nominato, mi ha chiesto di seguirlo in questa avventura e io gli ho detto: pensaci bene, perché diventerò la tua ossessione… Al che lui, che è una persona che capisce quali sono le esigenze e quali sono le emergenze mi ha detto: Massimo, per le biblioteche hai carta bianca”. Quindici giorni dopo De Caro viene nominato Direttore della Biblioteca dei Girolamini proprio a Napoli.

REGOLA NUMERO 5:
La quinta e ultima regola è che ci sia l’occasione giusta per rubare il curioso e desiderato libro.
Giugno 2011.
Quando Massimo De Caro entra nella Biblioteca dei Girolamini a Napoli gli sembra di trovare il posto in cui avrebbe da sempre desiderato di stare, sin da quando era bambino. Migliaia di libri antichi sono lì a portata di mano tutti per lui e per la sua bramosia di toccarli, annusarli, sfogliarli, leggerli, amarli. Tanti, forse troppi. In quel preciso momento De Caro è il suo sguardo che si perde in quella splendida Biblioteca antica, una delle più belle al mondo, piena di volumi dal valore inestimabile.
La sua voglia di possederli lo assale e scatta la decisione di appropriarsene, come aveva fatto tante altre volte. Ma questa volta quei libri erano tanti, troppi. Serviva una squadra. De Caro riunisce i suoi vecchi amici. C’è la solita Viktoriya Pavlovskiy, la segretaria ucraina; c’è Mirko Camurri, ballerino veronese e ora suo autista tuttofare; c’è Alejandro Cabello, la guardia giurata che collaborava con una società di servizi di sicurezza che si era messo a disposizione di De Caro come autista e bodyguard; c’è Federico Roncoletta, amico veronese che di solito si occupava dei trasporti dei libri antichi che De Caro “prende in prestito” da qualche biblioteca importante; c’è Stefano Ceccantoni, il suo amico d’infanzia di Orvieto.
Con loro De Caro riesce a portare via alla biblioteca ben 2700 libri. Un’enormità. Alcuni li piazza sul mercato degli antiquari in giro per il mondo anche grazie a Richard Lan, altri li regala ovviamente a Marcello Dell’Utri.
Il furto è un’organizzazione perfetta con l’intento di rubare tutto quello che c’è di interessante e di valore alla Biblioteca e venderlo o regalarlo ad amici altolocati. L’inscatolamento dei libri da far uscire avviene nella Sala del Camino e nella Sala Vico dove De Caro lascia i libri selezionati e predisposti su un tavolo. Poi, una volta, portati altrove, sarebbero dovuti passare da un restauratore per la rimozione dei segni distintivi. Sono otto i viaggi in tutto da Napoli a Verona. Otto viaggi per 2700 libri antichi. Una dozzina di scatole alla volta caricate sulla macchina di De Caro e su un furgone a noleggio. Alcuni libri vanno a Monaco di Baviera perché erano stati venduti per un asta da svolgersi a Berlino.
A testimoniare le ruberie ci sono le immagini delle telecamere di sorveglianza e le intercettazioni telefoniche. Perché la denuncia di un paio di impiegati della Biblioteca aveva fatto scattare le indagini delle Forze dell’Ordine e della Procura di Napoli, proprio del magistrato Giovanni Melillo, colui che aveva partecipato al Convegno sulla tutela delle Biblioteche antiche insieme a Massimo De Caro.
Ci sono molte telefonate inequivocabili tra De Caro e Dell’Utri, come quella in cui il direttore della Biblioteca chiede a Dell’Utri quali libri antichi vuole dai Girolamini. Ma ci sono anche conversazioni che testimoniano l’opera affannosa del Direttore della Biblioteca e dei suoi uomini per cercare di sottrarre alle indagini e alle perquisizioni i libri rubati, le frasi in codice per spostare la refurtiva dall’uno all’altro ambiente della villa di Verona di De Caro; le corse di Mirko Camurri, il ballerino scaligero, per occultare centinaia di quei libri sia nell’abitazione di una parente ignara che in un magazzino di self storage alla periferia della città. E poi il tentativo di Alejandro Cabello, il guardiaspalle argentino, di ricevere aiuto dal superpoliziotto di Buenos Aires Marcelo El Haibe.
La denuncia finisce su tutti i giornali italiani e scoppia lo scandalo dei libri rubati alla Biblioteca dei Girolamini. Questa volta per De Caro è veramente un duro colpo. Tanto è il clamore e tante sono le prove che la Magistratura mette i Girolamini sotto sequestro e arresta il Direttore Massimo De Caro. E oltre a lui in carcere ci finiscono anche Alejandro Cabello, Mirko Camurri e l’ucraina Viktoriya Pavlovskiy.
In galera De Caro nega il furto davanti ai magistrati poi il padre lo va a trovare e gli chiede di smettere di mentire. Passa un po’ di tempo e in piena estate De Caro chiede di poter incontrare un magistrato al quale confessa tutto. Parla dei furti alla Girolamini, ma anche di quelli alle altre Biblioteche. E’ un fiume in piena che non si ferma più. De Caro parla anche delle contraffazioni e per la prima volta ammette della falsa copia del Sidereus Nuncius, il suo capolavoro: se non ci fosse stato lo scandalo dei Girolamini probabilmente non l’avrebbe fatto.
La giustizia fa il suo corso. Nonostante le confessioni e il rito abbreviato la condanna è a 7 anni.
Nel frattempo gli studi di Nick Wilding sulla New York copy, il falso Sidereus Nuncius costruito da De Caro sono terminati e il professore inglese ha scoperto parecchie cose: che le lune dell’acquerello nel libro di Richard Lan avevano un diametro di ottantuno millimetri ciascuna. Quattro delle incisioni della prima edizione avevano le stesse dimensioni, ma la quinta era quattro millimetri più piccola. Se, come sosteneva Bredekamp, le incisioni si basavano sui tracciati degli acquerelli, allora ogni incisione avrebbe dovuto avere esattamente le stesse dimensioni della sua controparte acquerellata. Le prove suggerivano “fortemente” che gli acquerelli nella New York copy erano falsi; ma non solo. Wilding collega il “Compasso” falso, un altro libro di Galileo costruito da De Caro, al Sidereus e ne trae le sue conclusioni; poi scopre come il timbro dell’Accademia dei Lincei era stato contraffatto. Wilding decide di condividere le sue scoperte con Bredekamp, che però ribolle per essere stato sfidato. “Mi chiedo quante volte sei riuscito a vedere il libro nel negozio di Richard Lan?” gli scrive Bredekamp. “Scrivere sull’autenticità senza aver studiato attentamente l’originale è un peccato metodologico di morte”. E sostiene che “dubitare dell’autenticità” della copia di Lan del Sidereus Nuncius fosse “sciocco”. Se il libro fosse un falso, la “storia” della scienza potrebbe chiudere i battenti “.
E’ invece è così.
Wilding dimostra che il Sidereus Nuncius di De Caro è falso. Il professore della George State University dice anche che era in corso una storia d’amore tra le cosiddette dot.com e i grandi testi della storia della scienza: è un collezionismo che rappresenta l’affermazione di una discendenza diretta, di una genealogia”. “Le opere di Galileo, o quelle di Keplero, hanno oggi un mercato che non hanno mai avuto in passato trasformandosi nell’oggetto ideale per un falsario” come i Rembrandt o i pittori minori del quattrocento toscano intorno al 1900”.
L’epopea del finto Sidereus di De caro è alla sua fine. Tutto il mondo collegato ai libri antichi è sorpreso e nello stesso tempo affascinato dalla più grande truffa mai perpetrata nei confronti del mondo accademico che quotidianamente ha a che fare con la magia del libro antico.
De Caro marcisce in galera. Dove ci rimarrà per più di tre anni.
Non tratta più libri antichi, ma si mette sotto a studiare altri tipi di libri. In poco tempo consegue due lauree: una in Scienze Politiche e l’altra in Scienze Storiche ovviamente con una tesi sulla trasformazione dell’iconografia galileana nella storia. Un giorno, in cella gli viene recapitato un libro, un regalo. Gliel’ha mandato Horst Bredekamp. Si intitola A Galileo forgery – una contraffazione galileana ed è il libro dello studioso tedesco in cui racconta come ha creduto a quella copia del Sidereu Nuncius e come invece poi ha scoperto che quel libro era un falso. Nella prima pagina c’è una dedica a De Caro autografata proprio da Bredekamp che scrive: “con distinti saluti”. L’ex truffatore è contento e soddisfatto come un bambino. Bredekamp titola un capitolo del suo volume “Towards a Psychology of the Forger”. Spiega le ragioni della truffa: “Non c’entrava la voglia di fare soldi. Era nata da una spinta ludica che derivava da bisogni più profondi. Il bisogno di inventarsi un nemico: la comunità accademica. Il bisogno di sfidare quel nemico a duello e godere della sua sconfitta. Io ne so più di voi. L’intima soddisfazione di assistere allo spettacolo della sua impotenza (del nemico). E poi l’idea nasce dal bisogno profondo di farsi scoprire. Perché era l’unico modo di comprovare la superiorità sugli specialisti. L’unica garanzia di successo della burla era la scoperta della burla”.
Maggio 2019.
Massimo De Caro è appena uscito dal carcere ed è ad una mostra che celebra il Sidereus Nuncius come libro fondante della scienza moderna.
C’è tanta gente: curiosi, storici, professori universitari, critici letterari, scienziati, gente alla moda da look egocentrici, ma anche attori, registi, stilisti, cuochi stellati, influencer, giovani politici rottamatori, stelline in erba e giovani cantanti con migliaia di visualizzazioni alle spalle.
Ci sono anche parecchi media e numerosi fotografi. Tutto è parecchio eccentrico e scintillante, atmosfera che poco si addice ad una mostra su Galileo e sui suoi studi scientifici. C’è una ragione però. L’oggetto principale su cui ruota tutta l’esposizione non è il famoso libro di Galileo, ma il Sidereus Nuncius di Massimo De Caro, quello falso. E’ una mostra dedicata alla “New York copy”, in quanto miglior libro falso della storia. E’ diventata un mito la New York copy, un mito da celebrare nel migliore dei modi. Per questo c’era così tanta gente glamour, il popolo di quelli che sono sempre presenti agli eventi che contano.
De Caro assiste alla celebrazione in disparte. Di nascosto. Senza più la voglia di avere a che fare con il Sidereus Nuncius e con Galileo. E anche con quel mondo così troppo vincente. L’unico a riconoscerlo è Stefano Ceccantoni, il suo amico d’infanzia. I due si salutano e si abbracciano. Poi, un po’ trafelati, vanno via insieme. De Caro ha un libro sotto braccio. E’ il De Rivolutionibus, la prima edizione del Copernico del 1543. Lo mostra a Ceccantoni che sorride. Forse se l’è appena rubato oppure se l’è semplicemente fatto prestare da un suo vecchio amico libraio per “studiarlo” meglio.