Evento Steiner

F. Florian Steiner

Copia di Steiner: fotografia come forma di vita

di Paolo D’Andrea

Mi colpisce molto la mole di lavoro che abbiamo di fronte: nell’aprire vecchie valige (sembrano spuntare da un film d’epoca) saltano fuori molte fotografie stampate con la massima cura, altre trascurate, migliaia di negativi sviluppati e mai stampati e poi scritti, filmati… la vita di un artista in un disordine paradossalmente logico, quasi ossessivo.
Nel corso del lavoro che stiamo facendo sempre di più scopriamo gemme che non erano mai state viste, se non attraverso un piccolo negativo.

Vediamo foto con passaggi di luce morbidi e differenze molto profonde tra “chiari e scuri”, caratteristiche ti-piche della pellicola che raggiunge il massimo dell’equilibrio possibile in un’ampiezza di gamma dinamica difficile da eguagliare col digitale.
Ma la cosa che più mi impressiona è sentire Florian Steiner che descrive una sua immagine scattata in sudamerica, forse in Brasile, e dichiarare che aver fatto quella foto lo aveva salvato da una brutta giornata.
Sono rimasto su quella frase per il resto del film e per giorni ho provato a capire come e perché mi sembrasse fondamentale in tutto il materiale che stavo vedendo.
Forse si potrebbe intravedere un risvolto psicologico, antropologico o sociologico, ma non è questo che mi ha attirato. Mi pare di aver capito cos’è per un artista la necessità di creare , un concetto molte volte usato a sproposito, credo non qui.

La tensione verso il compiere un’opera, la necessità di salvarsi attraverso un atto artistico è ciò che pervade, secondo me, tutta la produzione di Steiner.
Ogni foto è diversa per tecnica, accuratezza, profondità, tema, tipo di inquadratura e addirittura per genere fotografico, ma in tutte emerge questa tensione, la necessità di fotografare.
La tensione si fa carattere estetico; in tutte le foto che vedo si percepisce questo forte anelito che si vede nei contrasti, negli sguardi, nelle prospettive a volte sghembe e, soprattutto nella continua trasformazione in immagini, in arte, di ciò che l’artista sta vivendo.

Quella frase per me può essere assunta come manifesto dell’estetica steineriana: tensione tensione tensione; tensione come irrefrenabile spinta a fotografare: molte sue foto sembrano cornici intorno alla realtà.
Steiner potrebbe sembrare un precursore della compulsione digitale o addirittura “telefoninica”, ma ogni suo scatto ha, incredibilmente (vista la quantità), una logica così ferrea ed un rigore talmente forte da non essere notati.

Si potrebbe dire che, in ambito fotografico, Steiner sia il più grande testimone della sprezzatura teorizzata da Baldassarre Castiglione. Infatti sembra che egli non si interessi troppo nè alla tecnica, né alla coerenza di una sua filosofia del fotografare; in realtà possiede così naturalmente il controllo di queste componenti che non le fa vedere e fa emergere sempre e forse solo una grande tensione: questa fotografia mi ha risolto una giornata brutta perché tutto quello che voglio e devo fare è fotografare!