
Futuro
Pensarsi e ripensarsi
di Valeria Zilio
È strano come crescendo la percezione che si ha sul futuro cambi.
Quando si è piccoli non si vede l’ora di affrettare i tempi per essere “più indipendenti “, mi dicevo, o perché, per chi magari come me che ha un fratello o sorella maggiore, affascinati dalla loro libertà la si voleva raggiungere nonostante invece si fosse intrappolati ancora nelle grinfie dei genitori.
Quando si è piccoli si è così ignari di tutto e si è così ingenui sul mondo da pensare al futuro unicamente nell’ottica di “chi o cosa farò da grande”. Io mi ricordo che alla domanda “Cosa vuoi fare da grande?” rispondevo quasi sempre “voglio diventare un’attrice!”. Ma mentre il tempo passava e mentre con la mia curiosità cercavo di capire qualcosa in più sul mondo, anche le mie idee si facevano più confuse e quindi alla stessa domanda la mia risposta cambiava e da attrice sono passata a voler essere biologa marina, casalinga, poliziotta… Perché in fin dei conti quando si è piccoli l’immaginazione è quasi il 100% della realtà e dunque si può essere tutto.
Un aspetto che rimpiango con nostalgia dell’essere bambino è proprio il sentirsi leggeri perché tutto deve ancora avverarsi, deve ancora definirsi, tutto sembra possibile e non esistono ancora quegli scrupoli sui soldi, sulla competitività, sulla concorrenza, che invece iniziano a farsi sentire diventando grandi.
Ecco, mentre da bambini si cerca di mettere l’acceleratore, crescendo invece si cerca di mettere il freno, di rallentare soprattutto nel momento in cui si inizia a comprendere che “il diventare grandi” non significa poter fare quello che si vuole o avere maggiore libertà ma significa assumersi responsabilità e compiere delle scelte.
Ed è con questo che la mia visione sul futuro ha iniziato ad essere meno rosea e molto più angosciante.
Ho 19 anni, l’anno scorso ho conseguito la maturità liceale e pensando che essa sarebbe stata “la mia grande impresa” da superare e che il resto sarebbe venuto da sé, ho completamente dimenticato di far previsioni, di mettermi in una prospettiva e di chiarirmi le idee su me stessa e sul tipo di donna che sarei voluta diventare. Ed è in quel momento che non ho più sentito la terra sotto i piedi e ho iniziato a vacillare. Mi sono sentita completamente persa e disorientata, non solo perché negli ultimi anni non mi ero più interrogata sul mio futuro, ma perché effettivamente non mi ero mai chiesta che cosa mi piacesse fare e mi sentivo una completa estranea. Così da: “chi vuoi diventare da grande?” si è passati a “Sai già cosa farai all’università?” “Che facoltà hai scelto?” “Hai già fatto i test di ammissione?” e via dicendo.
Io però non avevo risposte perché avevo forse realizzato che non potevo più andare da un lavoro all’altro come quando ero piccola ma che la mia scelta doveva essere una e una sola e io, che già ho paura di compiere delle scelte nella semplice quotidianità, trovavo assurdo dovermi proiettare e dovermi immaginare tra dieci anni a fare un ipotetico lavoro. Mi chiedevo: “Come faccio io ora a fare una scelta di questo calibro a diciotto anni?” “Come fanno i miei amici ad essere così sicuri di sé, ad avere una prospettiva, a non sentirsi così spaesati come lo sono io?”. In realtà però solo più avanti mi sono resa conto che non ero l’unica ad avere paura, che i miei amici e coetanei non è che fossero sicuri ma semplicemente guardavano al futuro come a una possibilità, come ad un cambiamento. Loro hanno avuto il coraggio di buttarsi, di assumersi il rischio di scegliere e di sbagliare, perché se ci si pensa bene effettivamente a diciott’anni nessuno sa davvero chi è, nessuno sa qual è il suo posto nel mondo; ciò lo si scopre strada facendo proprio attraverso le decisioni prese e gli sbagli fatti.
Mentre quindi per molti la parola futuro, presi dalla curiosità, rappresentava o rappresenta una possibilità a cui andare incontro, io invece terrorizzata ho cominciato a guardarla con ripudio, tanto che al solo sentirla nominare mi si stringeva il cuore in una morsa.
L’ignoto, il non sapere a cosa andare incontro, il cambiamento, il rischio di sbagliare non mi hanno incentivata ma anzi mi hanno paralizzata e mi hanno fatto perdere la voglia di sperimentare e di conoscermi. È stato ciò che non mi ha fatto proseguire la mia crescita.
Così, completamente offuscata dalla paura, con grande sconcerto verso me stessa ho deciso di fermarmi un anno. Di prendermi del tempo, tempo di cui la scuola, lo studio e la vita di tutti i giorni mi aveva privato.
Ad un anno di distanza posso dire solo questo: che non avrei potuto fare scelta migliore perché sì, nonostante a volte viva anch’io nel pregiudizio che prendersi un anno sia una perdita di tempo, mi sono resa conto che era ciò di cui avevo bisogno. Avevo bisogno di capire che la vita non è altro che un filo intessuto di incertezze e imprevisti e che quindi è normale avere paura di fronte a ciò che non si conosce. L’importante però è cercare di non dare troppo potere alla paura con il rischio che ti paralizzi, ma anzi essa deve essere il motore per affrontare gli ostacoli che la vita ci presenta ogni giorno. Ho capito che il futuro non è altro che il realizzarsi e il susseguirsi delle scelte fatte nel presente e che non è qualcosa di definitivo ma al contrario è qualcosa in continuo mutamento proprio perché dipende dalle nostre decisioni e avere paura del futuro significa quindi avere paura di noi stessi. Ovviamente tutto ciò costituisce una grande responsabilità che poggia sulle nostre spalle.
Nonostante io abbia messo in relazione il concetto di futuro solo con la mia piccola esperienza di vita, il futuro in generale è sicuramente una tematica che al giorno d’oggi viene affrontata spesso e su cui ci si interroga molto. Nonostante io di indole abbia una visione pessimistica del mondo, ci tengo a dire e così a concludere che tutti gli sbagli fatti in termini politici, ambientali, sociali restano, fanno parte del nostro passato e purtroppo anche del nostro presente e andranno inevitabilmente ad influenzare anche il nostro futuro, tuttavia non bisogna gettare la spugna e pensare che tutto sia perduto. Sono convinta che ci sia molta gente che vuole migliorare il proprio paese e che cerca di migliorare il mondo e sono anche convinta che se si fanno le giuste, consapevoli e ponderate scelte anche il futuro, che ormai sembra già segnato, può cambiare.